Giancarlo Consonni
Composizioni di incontri casuali
Il nostro conoscere più intimo è anche riconoscenza per le cose che d’un tratto cominciano a parlarci. Consonni passeggia d’inverno lungo le cabine dismesse, ben esposte alla vista per la scomparsa stagionale degli ombrelloni. Non hanno ancora riacquistato l’intenzione di decoro e di controllo di una facciata; vi si accostano cose quasi intatte ad altre lavorate dal tempo, dal sole e dall’acqua. Incontri casuali, in cui oggetti, superfici, materie diverse si combinano, venendo ciascuna da una propria vicenda di logoramento e riverniciatura: sono questi incontri ad essere scoperti e scelti. Perché scelti? C’è un filtro della memoria coltivata: il Duchamp dell’objet trouvé e poi Rothko e soprattutto Mondrian, intravisti “dal vero” nelle campiture orizzontali e verticali di questi frammenti di attrezzature balneari.
Il frammento si trasfigura in una completezza, concentrata nell’inquadratura. Ora guardiamo, impaginate nel taglio delle fotografie, queste parti di muro o di lastre di masonite imbullonate, queste campiture di plastica nette di colore elementare e queste lamiere arrugginite, variegate dalla consunzione del sole e della salsedine, queste traverse di legno.
Guardiamo questi contorni che vorrebbero esser dritti e non ci riescono, queste inchiodature spanate dal tempo: in questi sforzi imperfetti di perfezione, di qualche bagnino manutentore, possiamo leggere, con una certa emozione, qualcosa che ci riguarda: la tensione tra ciò che vorremmo e ciò che riusciamo a fare e a essere; il perseguire un ideale, che per nostro limite si torce nel realizzarsi restando un orizzonte irraggiungibile.
Queste opere di Consonni sono un perfetto elogio di un’imperfezione, che è impronta esistenziale nelle cose.
Stefano Levi Della Torre
Estratto dal catalogo della mostra astratto/concreto